Kiriko – Un horror intrigante che inciampa nei suoi stessi passi

Recentemente mi sono imbattuta in Kiriko, un’opera breve e cruenta firmata Shingo Honda. Kiriko si sviluppa in un unico volume composto da cinque capitoli. Poche pagine, ma abbastanza intense da lasciarmi addosso un mix di sensazioni contrastanti. Da una parte, una creatura inquietante e ben costruita; dall’altra, tutto il resto che le gira attorno... che purtroppo scricchiola parecchio.
La trama parte con uno spunto classico ma efficace: un gruppo di ex studenti viene invitato a una rimpatriata per commemorare la morte della loro compagna di classe, Kiriko. L’organizzatore misterioso, identificato solo con la lettera “K.”, però non si presenta. Da qui, iniziano a venire fuori segreti sepolti, colpe sopite e una sete di vendetta che prende forma in modi decisamente cruenti.
Il problema di Kiriko è quello che affligge molti manga horror del filone slasher/revenge: sacrificare personaggi, ambientazione e ritmo narrativo per dare spazio solo a due elementi — il mostro e il motivo della vendetta. In poche parole, si punta tutto su shock e sangue, lasciando tutto il resto ai minimi termini. E questo, per me, è un errore di fondo. Se i personaggi sono delle sagome di cartone, quando muoiono non ti importa nulla. Se la storia non si sviluppa in modo credibile, anche il momento più tragico perde potenza. E così, invece di rimanere incollato alle pagine, mi sono ritrovato a dover “resistere” fino alla fine solo per capire se almeno il finale avrebbe riscattato tutto il resto.
Spoiler: in parte sì.
Il personaggio di Kiriko è il vero cuore dell’opera. La sua presenza è disturbante, imprevedibile, e a tratti persino affascinante nel modo in cui incarna il trauma e la vendetta. Le forme che assume per tormentare i suoi ex compagni sono creative e inquietanti, e il modo in cui viene rappresentata visivamente è uno dei punti più forti del manga. Ci sono momenti in cui l’uso delle vignette riesce davvero a trasmettere ansia: c’è una scena in particolare, con due personaggi che discutono davanti a una finestra, in cui una figura si avvicina lentamente sullo sfondo… roba da pelle d’oca.
Anche la rivelazione finale sul passato della creatura funziona. Non mi ha “shoccato”, ma mi ha comunque sorpreso e lasciato soddisfatto. C’è un tocco di psicologia e di simbolismo che aggiunge spessore al personaggio, suggerendo che Kiriko non sia solo un mostro fisico, ma anche la personificazione della colpa, del dolore, dell’ipocrisia sepolta nel tempo.
Purtroppo, però, tutto questo non basta a salvare Kiriko dal senso di incompletezza che lo permea. È come se l’autore avesse avuto un’ottima idea per un mostro e poi avesse costruito in fretta e furia uno scenario per mettercelo dentro. Se solo si fosse preso più tempo per sviluppare davvero la storia e i personaggi, avrebbe potuto creare qualcosa di davvero memorabile. Così com’è, rimane un’esperienza a metà: intrigante per certi versi, ma frustrante per altri.
In conclusione, Kiriko non è un brutto manga—anzi, rispetto ad altri dello stesso genere, ha momenti di qualità notevole. Ma il rischio che ha scelto di correre, puntando tutto sulla figura del mostro e lasciando il resto in secondo piano, non ha pagato. Rimane un esperimento interessante, consigliato solo a chi ama l’horror viscerale e sa accontentarsi di qualche brivido sparso, senza aspettarsi una narrazione profonda o personaggi memorabili.